sabato 29 agosto 2015

Il ricordo che avrei voluto

Perdonatemi, non ho occhiali della fede da indossare. Della resurrezione nel Giorno del Giudizio non so che farmene e sul posto assicurato nella Casa del Signore avrei qualcosina da dire. Sulla vita dopo la morte, poi, davvero non saprei, mi piace immaginarci come fasci d'energia che vagano inconsapevoli in raggi di luce, ma è fantasia mia. Per questo avrei voluto venissero dette ben altre cose, di quell'uomo che aveva si una fede, una fede grande e incrollabile, ma nell'onestà, nella correttezze e nel valore dell'amicizia. Scusate, mi scusi davvero chi una fede ce l'ha e chi crede che il senso di una vita sia tornare nella luce di quel Signore che ci avrebbe donato questi pochi anni di vita “terrena”. Scusatemi, ma io continuo a credere che se anche fosse così, quel che conta è il segno che si lascia in questi pochi anni, e indipendentemente dal “premio” finale. Remo, dicono, avrebbe pregato la Madonna, e allora s'è meritato un funerale religioso che più religioso non si poteva, con tanto di predica e invito al perdono. Ma perdono di che? Di cosa aveva bisogno di farsi perdonare un uomo che aveva messo l'amicizia, il dono di se stesso, l'impegno per gli altri, sopra ogni cosa? E allora, per favore, consentitemi di ricordarlo a modo mio. Di pensare che quella preghiera alla Madonna che tanto sembra aver colpito il religioso che ha celebrato il funerale, non fosse altro che l'ennesima dimostrazione dell'immenso senso di giustizia di mio zio, che forse ha voluto così chieder scusa a chi tante volte a tirato in mezzo senza colpa. Senso di giustizia… un'onestà incisa a fuoco nel Dna, ma per davvero. Credo di non averlo mai visto, negli anni milanesi e negli anni camugnanesi, compiere azioni men che corrette. Magari urlando e sbraitando, ma lui era così. Se lo contrariavi, se lo facevi arrabbiare, esplodeva, espressioni colorite che avrebbero fatto arrossire anche il più scafato scaricatore di porto. Faceva paura, ma davvero… discussioni che però risolveva in un secondo, tirando fuori una bottiglia e un “tocco d' formaio”, ma di quello buono eh… e per lui era finita li. Se si trattava di discussioni normali però, perché sui principi non transigeva. Ecco, questo mi ha insegnato mio zio, la coerenza, assoluta. E mi ha fatto capire quanto l'essere coerenti significhi anche rispettare gli altri, nelle loro scelte e nelle loro idee, anche quando non le capiamo. Remo era un uomo buono, e come tutti i buoni qualcuno poteva pensare fosse un semplice. Ma Remo non era per nulla semplice. Uomo di poche parole, quando voleva ti metteva all'angolo nelle discussioni anche più impegnative. E chi l'ha conosciuto, lo sa bene…
Ecco, questo è quello che avrei voluto sentir dire, è quello che forse avrei dovuto dire. Ma anche questo mi aveva insegnato Remo… a volte meglio lasciar perdere. E me lo vedo, tirar fuori una delle sue espressioni colorite, mandarci un po' al diavolo, e apparecchiare la tavola con vino, formaggio e salame…

giovedì 27 agosto 2015

Pensieri

Torno sulle mie montagne – montagne, in realtà colline ma per me resta la mia montagna – e ancora una volta mischio l'emozione di sentirmi a casa e il dolore per un evento che non avrebbe dovuto accadere. Cammino per la strada – strada perché una è, non è un modo di dire – e guardo i boschi che circondano le quattro case del mio paese e penso che troppe volte li ho visti con occhi offuscati dalle lacrime. Cammino e penso, penso e cammino, e mi fermo davanti alla chiesa imponente, un tempo la pieve principale di tutta la vallate, edificio caduto in rovina e rinato grazie alla testardaggine di chi è cresciuto alla sua ombra. La guardo e ricordo quando ci entravo da bambina, inconsapevole e un po' blasfema – che non son cambiata molto ma vabbeh – e mi sembrava tanto bella. Non la Casa di Dio, questo no, perché se davvero esiste quel Dio che dicono non ha certo bisogno di una casa, ma era , ed è, un posto bello, un simbolo, il centro di una comunità piccolissima – d'inverno qua adesso vivono quattro nuclei familiari, due dei quali composti da una singola persona – ma dal cuore grande e indomabile, che non si è rassegnata, ha stretto i denti, s'è rimboccata le maniche e ha compiuto quello che davvero può apparire come un miracolo. La guardo, e penso a cosa vuol dire per me, che ci sono entrata con spirito lieve per tutta la vita, tranne che in quelle occasioni che non si vorrebbe mai vivere. E ci torno oggi, con un'altra pietra sul cuore. Normale e certo non originale, però guardo il mio paese, le sue quattro case, l'aia polverosa e la strada, e quell'edificio immenso e poderoso, che se ci pensi bene sembra proprio fuori luogo in questo posto. Però mi dico “è giusto così”. E torno a camminare, pensare e camminare.