Giorni così. Di gioia, emozione,
paura, rabbia, dolore, tristezza, esaltazione, frenesia, depressione.
Senso di colpa. Bipolare, schizofrenica, presuntuosa, egoista,
depressa. Giorni di parole che si accavallano l’una sull’altra.
Senza senso. Giorni di ricerca disperata di un bandolo capace di
districare una matassa che un senso forse non ha. Giorni nascosti da
una nuvola che corre veloce, cambia colore, spessore, sapore. Avvolge
e stringe. A volte soffoca a volte nutre. Giorni così. Tra
autocommiserazione e autoesaltazione, presunzione e bastonate.
Tentativo quasi abortito di autoanalisi in giorni indefinibili, fatti
a pezzi in un puzzle che non troverà mai soluzione.
Giorni
che sarebbero dovuti essere di gioia, emozione e orgoglio puro. Il
mio lavoro a Palazzo della Regione, commenti e complimenti, oro e
mirra sul mio orgoglio bipolare, sulla mia presunzione tenuta a freno
per tutta la vita, sull’incredulità di aver saputo CREARE qualcosa
che altri capiscono e apprezzano. Sapore ricco e incredibilmente
dolce per un piatto che mai pensavi di poter assaggiare.
E
bile che sale non appena socchiudi gli occhi e vedi, con mente,
cuore, pelle e ossa, l’immagine che non corrisponde a quello che
hai dentro, ad un padre che è sempre stato la tua roccia, il tuo
faro, la tua guida.
Quell’uomo
che hai amato con tutta te stessa, di quell’amore che solo una
figlia sa cosa può essere. E hai odiato con altrettanta forza quando
dovevi mostrare di essere altro da lui, dalle regole, dal suo essere
incredulo genitore di un’adolescente ombrosa e intrattabile. Con un
odio che sai essere venato di talmente tanto amore da non poter
essere definito tale.
Quell’uomo
tanto simile a me che l’amore infinito che ci lega non è fatto di
parole e lunghi discorsi quanto di silenzi, a volte occhiate, a volte
scherzi che ad occhi estranei appaiono incomprensibili.
Quell’uomo
che vedo bloccato in una ragnatela di ansia, paura, arrendevolezza e
rassegnazione che non sono lui. Che fanno arrabbiare. Incazzare è la
parola giusta.
Giorni
così, alla disperata ricerca di un gancio cui aggrapparsi per non
affogare, per non cedere al senso di colpa che ti soffoca se appena
appena gioisci e alla rabbia che ti afferra la gola quando il
pensiero egoista del “ma perché proprio adesso” si affaccia.
Giorni
che pesano sulle spalle, che travolgono e scorrono impetuosi. Giorni
che non so come affrontare. Giorni.