Cioè, non è che apri una
pagina, afferri una penna – oddio, più che altro pesti una
tastiera ma vabbeh, lasciatemi l'immagine romantica dello scrittore
con penna, foglio e calamaio – e magicamente le parole si
snocciolano da sole. No.
Non va proprio così. Bisognerebbe partire
da un'idea, magari neanche una storia vera e propria, ma almeno
un'idea di un qualcosa che potrebbe raccontare – appunto –
qualcosa. Almeno, io ho sempre pensato fosse così, ci fossero delle
regole, dovessi rispettare un minimo di logica e costruire, pezzo
dopo pezzo, un racconto capace di tenere legato il lettore.
E allora
ho sempre pensato, mah, mi sa che non è che son proprio capace. No,
beh, a dir la verità di straordinari pezzi di bravura son piena. Di
racconti, romanzi e addirittura saghe tutte egualmente fantastiche,
ne ho a bizzeffe. Solo che mi sa che diventano un po' difficili da
diffondere perché sono frutto di quel momento straordinario,
irripetibile e magico che precede l'addormentamento. Ecco, lo
confesso. In quei momenti, a volte istanti fuggevoli, a volte lunghi
minuti, riesco a dare vita a capolavori inestimabili della
letteratura mondiale.
Storie intriganti, vicende interessantissime.
Escamotage letterari fantastici. Linguaggio aulico quando serve,
poetico quel tanto che basta, con un pizzico di ironia e e un pelino
commerciale che del resto non guasta mai. Solo che poi, al mattino,
non ho ancora capito com'è o come non è, ma non ritrovo nulla di
tutto quello che ho “scritto”. E pensare che prima di
addormentarmi me lo ripeto ben bene, mi sembra di essermelo marchiato
a fuoco. Una volta ci ho anche provato, ad accendere la luce e buttar
giù al volo le prime righe. Niente. Non è venuto fuori nulla. Mah,
non capisco, proprio non capisco… O forse si. Forse davvero
scrivere è sognare, e il segreto è tutto qui.
Solo che i sogni non
li puoi comandare, li devi assecondare, giusto? E i sogni son spesso
assurdi – almeno i miei – e non sempre me li ricordo. Magari
potrei raccontare di uno che non sogna mai, o di uno che sogna
troppo. O di una che butta parole a caso su un foglio/schermo e ogni
volta che vede un segno nero apparire davanti agli occhi le sembra di
aver partorito qualcosa di irripetibile… che piano piano,
faticosamente, torna a vedere la scrittura come medicina, aria,
nutrimento. E che sente un vuoto da colmare di parole che da troppo
non sono uscite.
Racconto di un primo passo.
Racconto di un giorno di
noia e nebbia.
Racconto di voglia di raccontare.
Racconto di parole
che son solo parole. Ma anche no…
Racconto. Chissà.
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