Troppo. Troppo dolore, troppa
ansia, troppa paura, troppi eventi ravvicinati, troppo carico su
spalle troppo fragili. Troppo, troppo di tutto. Non ho ancora
metabolizzato dolore ansia paura sconforto di quattro anni fa, non ho
ancora accettato quel pezzo di me che non c’è più, faccio ancora
finta che anche quell’altro pezzo d’infanzia che è svanito poco
dopo faccia parte di un brutto sogno. Troppo, troppo tutto assieme.
Non ho il tempo di elaborare un lutto che ancora non riesco ad
accettare e devo prepararmi ad affrontarne un altro. Troppo, tutto
troppo. Che devi caricare anche sulle spalle di adolescenti che ne
hanno già passate troppe. Troppo. Chi mi spiega chi è il regista di
questo film che non è degno nemmeno di una serie B? Troppo, troppe
lacrime che si fermano in gola. Troppa rabbia che non trova sfogo
perché sa di non aver ragione di esistere ma si presenta uguale.
Troppa e troppo forte. Troppo. E’ la parola che mi urla in testa,
che esplode, che non trova sfogo. Troppo. Davvero troppo. Troppo. Con
la voglia di urlare senza sapere contro chi. Troppo. Troppo troppo di
tutto. Troppo perfino per pensare di trovare modo di capire e
spiegare. Troppo per capire inventare scoprire parole che so esserci
ma sono troppo. Troppo. E tanta voglia di dire basta.
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