martedì 5 maggio 2015

I ragni di Polipò

Quand’ero piccola, piccolina proprio, mi hanno raccontato una strana avventura capitata a quello che mi hanno detto essere un cugino del cugino dell’amico di uno zio di mia nonna… si chiamava Gianni, aveva 9 anni ed era un bel peperino, almeno così mi dissero. Ecco, quell’avventura io me la ricordo, me la ricordo proprio bene, e ve la voglio raccontare.
Siamo in un paesino piccolino, mi sembra si chiamasse Polipò. Poca gente e tanti boschi tutto attorno, le famiglie impegnate nelle attività quotidiane, lavoro duro e tanta voglia di far del bene. Gianni è primo di tre fratelli, vive con la mamma, il papà e i nonni in una grande fattoria. I suoi genitori sono contadini, lavorano tanto per coltivare i campi e star dietro alle bestie, per dar da mangiare ai figli e insegnare loro ad essere brave persone. Vita normale, insomma, come è in tutte le case del mondo…
Gianni però è un monello. Nulla di gravissimo, sia chiaro, ma non ha tanta voglia di obbedire ai grandi, che crede siano noiosi e troppo esigenti. La scuola gli piace poco e vorrebbe scorazzare tutto il giorno per boschi e prati a caccia di lucertole, topolini e insetti. Solo che mamma e papà non glielo permettono.
“Studia!”
“Hai fatto i compiti?”
“Hai messo a posto la tua stanza?”
“Ci sono le uova da raccogliere”
“Dai una mano al tuo fratellino che non riesce ad infilarsi le scarpe”
Richieste, richieste, richieste, pensa Gianni, che sbuffa e cerca di scappare. “Ho da fare – dice scocciato – devo fare una ricerca per la maestra”.
Ricerca? Che ricerca si chiedono mamma e papà… e lasciano correre.
Non sanno, mamma e papà, che la ricerca non c’è, è solo un modo inventato da Gianni per poter andare indisturbato nel bosco…
Solo che nel paese di Polipò, questo mi ero dimenticata di dirvelo, c’era una cosa strana: sarà per magia, sarà per caso strano, ma il mondo dei ragni era strettamente legato a quello degli umani, e la regina Aracne, forte e sensibile, sentiva e vedeva tutto quello che succedeva. E amava le bugie, perché servivano a saziare la sua fame e quella dei suoi sudditi. Così ogni volta che ne sentiva una, filava una tela, un pezzettino per ogni bugia. In un angolo buio del bosco c’era così una radura dove le tele di Aracne, nere come la notte e resistentissime, creavano una specie di stanza spaventosa. No, non vi sarebbe piaciuto finirvi dentro… c’erano ragni grassi, pelosi e velenosi che correvano tra i fili.
Ecco, insomma, l’avete capito cosa successe? Gianni dopo quella piccola bugia non si fermò più. Ogni volta che mamma o papà chiedevano qualcosa lui trovava una scusa, inventava qualcosa, cincischiava su impegni e progetti.
“Fai i compiti” “Ho mal di pancia”
“Hai raccolto le uova?” “Deve esser passata una volpe, non ce ne sono più”
“Sei andato a comprare il pane?” “Il fornaio ha rotto il forno, non ce ne è”
Bugie, bugie, bugie…. “Cosa vuoi che siano” pensava Gianni.
E Aracne tesseva, tesseva, tesseva… Potete immaginare cosa era diventato l’angolo della radura dedicato a Gianni? Pensate, un antro oscuro, fitto fitto di teli neri appiccicosi, brulicante di ragni dalle mille zampette frementi…
E la storia andò avanti così per diverso tempo. Fino a quando… ecco, solo al pensarci ho i brividi. L’ultima bugia di Gianni… si, ho promesso di raccontare e lo farò, le promesse e gli impegni si mantengono però sappiate… non sono più tanto piccola ma la storia ancora mi fa paura…
Ecco, quel giorno Gianni proprio non aveva voglia di fare i compiti. E pensare che erano proprio pochi pochi. Ma tant’è, si era tanto abituato a dir bugie e a trovare scuse che anche quel giorno fece lo stesso. “Mamma no, non ho compiti, ho già fatto tutto a scuola, e poi la maestra mi ha detto che va bene così”.
E uscì di casa, diretto al solito boschetto, verso quel piccolo lago dove voleva pescare. Ma Aracne decise diversamente: quel ragazzino impudente e bugiardo, che nessuno sembrava saper fermare, che continuava a prendere in giro tutti senza che nessuno potesse, o volesse, intervenire, doveva essere fermato. Perché quei fili neri che Aracne tesseva erano ormai tanti, tantissimi, troppi. Una tela nera che avvolgeva ogni cosa, soffocava piante e animali. E cresceva, cresceva, cresceva. E quel giorno crebbe ancora di più. Un’esplosione, e il piccolo paesino di Polipò si ritrovò avvolto da una sostanza appiccicosa, nera e viscida che soffocava ogni cosa.
Potete immaginare com’era? Un disastro, un incubo. Io tremo al solo pensarci…
Gianni, che era proprio al centro di quell’immensa ragnatela, si sentiva soffocare, strattonato da ogni parte, con i ragni neri, grassi e pelosi che si infilavano ovunque…
E Aracne, nella sua tana, soddisfatta… “mi nutro di bugie – pensava – e questa volta finalmente sarò sazia”.

Ecco, la storia che mi hanno raccontato finiva qui. Io non lo so, cosa è poi successo a Gianni e al suo paesino. Non lo so se è riuscito a liberarsi, se è riuscito a salvare la sua gente. Quello che so è che ogni volta che sento una bugia mi viene in mente un grasso, schifoso ragno, pronto a tessere la sua tela. E non mi piace, non mi piace per niente…

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