mercoledì 31 marzo 2010

Lo gnomo Gnocco


"E miseria, ma è mai possibile che sia così difficile?!?". Gnocco buttò per terra la corda e l'asse che stava cercando di sistemare. La corda, uno splendido e lungo cavo di mille colori, si era tutta ingarbugliata e non ne voleva sapere di trasformarsi in quello che Gnocco voleva…. una fantastica, grande e fantasiosa altalena destinata a portarlo in alto nel cielo…
Gnocco, forse è meglio spiegarlo subito, era un piccolo e buffo gnomo del Paese delle Rose. Piccolo, appunto: alto una spanna come tutti i suoi fratelli - forse qualcosa di meno, da qui il nome che gli avevano dato visto che era anche cicciotto - e buffo perché la grande e folta barba che gli incorniciava il mento era divisa in tante striscioline. Sembrava quasi che avesse le treccine, sul mento, e per quanto la lisciasse e la impomatasse - usando una specie di gel che si trovava nel Paese delle Rose, la bava delle lumache!!! - quella proprio non ne voleva sapere di stare composta. Gnocco ormai si era abituato, e quasi non ci faceva più caso, ma chi lo incontrava per la prima volta non poteva fare a meno di scoppiare a ridere, cosa che ovviamente lo faceva imbufalire. Allora diventava tutto rosso che sembrava quasi sul punto di scoppiare, e le treccine della barba si aggrovigliavano ancora di più. Lo sfortunato visitatore si ritrovava davanti ad un ometto piccolo piccolo e grassottello, così rosso da sembrare infuocato, e con degli strani serpentelli sul mento che parevano quasi voler mordere tutto quello che gli capitava a tiro… Niente di strano che la risata diventasse ancora più forte, e che Gnocco si arrabbiasse sempre di più…
Il risultato era che Gnocco preferiva non farsi vedere da nessuno, e così, tanto per passare il tempo, aveva deciso che avrebbe costruito il più bel giocattolo mai visto nel Paese delle Rose, un'altalena appunto. Ma sarebbe dovuta essere un'altalena speciale, con una corda colorata intrecciata appositamente dalle fatine, e un sedile in legno profumato che avrebbe portato Gnocco a toccare le nuvole…
Solo che Gnocco, pasticcione come tutti gli gnomi, proprio non riusciva a costruirla. Per tutto il giorno aveva tentato di legare la corda al ramo più alto di un albero di castagne, e di agganciarci il sedile in modo che non cadesse. Ogni volta però succedeva qualcosa: un nodo troppo lento che appena lo toccava si scioglieva, un ramo troppo giovane che non riusciva a sostenere il peso, uno scoiattolo che incuriosito da tutto quel tramestio decideva di sgranocchiare proprio la corda… Insomma, un gran pasticcio! E ancora una volta Gnocco era sul punto di arrabbiarsi. Lo Gnomo però non si era accorto che, nascosta dietro un gran cespuglio di rose, c'era una fatina - si chiamava Bianca - che lo osservava attenta. Quando Gnocco, ancora una volta, sbuffò e strillò per la rabbia "UFFA!!! Non è possibile!", Bianca si lasciò scappare una risatina.
"Ehi - strillò allora Gnocco - chi è che ride di me? Fatti vedere se hai il coraggio!"
"Non rido di te - rispose Bianca - ma di tutti i pasticci che stai facendo! Possibile che sia così difficile montare un'altalena?"
"Beh, se sei tanto brava, perché non ci provi tu", replicò Gnocco, sempre ad un passo dalla rabbia.
Bianca non se lo fece ripetere, uscì dal cespuglio e con un tocco di bacchetta magica… oplà! L'altalena era montata.
"Brava, bella forza - esclamò Gnocco - tu hai la magia! Ci credo che sei capace"
"Beh, non era quello che volevi? - rispose tranquilla Bianca, sempre gentile come sanno essere solo le fatine - Allora forza, fammi vedere adesso cosa vuoi fare"
Un po' rabbonito, Gnocco si guardò attorno: nessuno li stava osservando, poteva tentare l'avventura! E quatto quatto salì sul sedile, deciso a far vedere a quella smorfiosa di fatina quanto era bravo a dondolarsi sull'altalena… Le avrebbe fatto vedere lui, e avrebbe fatto una cosa che nessuno era mai stato capace di fare: avrebbe portato a terra un pezzetto di nuvola.
Gnocco iniziò a dondolarsi, prima piano piano, con cautela, poi sempre più forte fino a diventare una macchia di colore contro l'azzurro del cielo.
A un certo punto andava così in alto che pensò di essere ormai arrivato alle nuvole, così allungò una mano, deciso ad afferrarne una. Solo che andava così forte che quando staccò la mano…. Non riuscì più a tenersi! E il risultato fu che Gnocco si ritrovò a volare per davvero, ma questa volta senza altalena!
"UUUUUUHHHHHHHHH" urlò mentre la spinta lo catapultava verso terra. Poi si sentì uno "SPLAAAAAAASHHHHHH" fortissimo: Gnocco era finito nello stagno!
Lo gnomo si alzò dall'acqua sputacchiando. Sulla testa gli era rimasta una ninfea - sapete, uno di quei fiori che crescono nell'acqua degli stagni - e infilate in mezzo alla barba, tre ranocchie un po' stupite… "Miseria che volo!" strillò Gnocco. Bianca arrivò in un baleno, ad assicurarsi che lo gnomo non fosse ferito, e quando lo vide tutto gocciolante, con fiore e foglie che gli pendevano sugli occhi e tre ranocchie ingarbugliate nella barba a treccine, scoppiò a ridere.
"Ehi - strillò Gnocco - io cado così e tu ridi? Ti sembra bello…" sembrava quasi sul punto di arrabbiarsi, ma proprio in quel momento una delle ranocchie riuscì a liberarsi e gli si infilò in un orecchio: "ah oh eh… che fai!" balbettò Gnocco, prima di scoprire che… accidenti, era proprio divertente! E scoppiò a ridere anche lui!
Gnocco e Bianca cominciarono a ridere così forte che dal bosco si affacciarono altri gnomi, e fate e folletti, e qualche scoiattolo, due conigli e un cerbiatto. E ridevano così irresistibilmente che dopo poco, tutti cominciarono a ridere, così forte da aver quasi mal di pancia! E nel giro di poco, tutto il Paese delle Rose risuonò di risate così forti e potenti che il mago Zazum, che ancora una volta stava complottando per diventare lui il padrone di tutto, decise che forse quel giorno era meglio non farsi vedere…. Si sa, in nessun tempo e in nessun luogo è mai esistita una magia più potente della risata!

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Sogni di carta di Barbara Sanaldi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

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