martedì 27 aprile 2010

Paura nel bosco

Giocchino era disperato. Quel che era successo era gravissimo e senza nessuna spiegazione: la sua radura, il suo posto preferito nel bosco – si, quello dove crescevano i funghi migliori, i fiori più belli e le bacche più succulente – si stava seccando. Prima l’erba si era ingiallita piano piano, poi i fiori si erano seccati e i cespugli raggrinziti, e adesso anche gli alberi che circondavano quel posto speciale sembravo piegarsi sotto il peso dell’età e invece dei verdi brillanti, del marron lucido e delle sfumature senza nome che fanno del bosco uno dei posti più belli del mondo, si vedeva solo una specie di grigio, una patina fumosa che avvolgeva tutto.
“Ma cosa sta succedendo – si chiedeva triste e preoccupato Giocchino – non è possibile, fino a pochi giorni fa andava tutto bene, già si sentiva nell’aria il profumo di primavera…”
Giocchino si guardava attorno disperato, davvero non sapeva cosa fare. Lui quel posto lo conosceva bene. Nonno Carlone – proprio quel nonno che viveva in una casetta ai margini del bosco e che ne conosceva ogni segreto ed ogni storia – l’aveva portato lì fin da quando era un bimbo piccolissimo e ancora traballante sulle gambette. E dopo tanti anni, mai aveva visto una cosa così. “Ah, se ci fosse nonno Carlone – pensava Giocchino – lui saprebbe cosa sta succedendo, e saprebbe anche cosa fare…”
Ma il nonno se ne era andato per qualche giorno, aveva da fare in città, “e mi sa che non torna in tempo…” rimuginava Giocchino. Che continuò a guardarsi attorno, come per cercare una spiegazione a tutto quel disastro che si stava consumando attorno a lui. E mentre guardava, si spostava anche piano piano, attento a tutte le tracce, ai segnali strani che, come gli aveva insegnato nonno Carlone, avrebbero potuto fornirgli indizi preziosi per capire.
Giocchino scoprì ad un certo punto una cosa stranissima. In tutto quel grigiore e quel seccume c’era una striscia verdolina. Non il verde solito del bosco, ma una striscetta pallida pallida, sottile come un capello. Che si snodava però lungo tutta la radura e poi sembrava imboccare decisa verso il bosco. Senza neanche pensarci Giocchino decise di seguire quella striscia verdolina, chissà mai che l’avrebbe portato ad una qualche spiegazione, o magari ad un indizio utile… e Giocchino cominciò a camminare piano piano, attento a non perdere quella sottile traccia. Finì così con l’inoltrarsi sempre più in profondità nel bosco, in una zona dove non era mai stato prima. E cammina cammina, immaginate la sua sorpresa quando all’improvviso la striscia verdolina si interruppe! Alzando gli occhi, vide di esser finito in una radura immensa, una grande spianata ricolma di cespugli, felci, fiori e alberelli. E al centro, una cosa stranissima: un cerchio grandissimo di erba verdissima e profumata, corollata di rose e violette in mezzo alle quali si intravedeva una specie di pinnacolo…
Giocchino, che lo sapete no?, non aveva mai paura di nulla men che meno quando era in un bosco, si avvicinò cauto. E scoprì che il pinnacolo era in realtà un enorme cappello in equilibrio su un testone… di cosa? Boh! Giocchino non aveva mai visto una cosa così!
Il testone sembrava appartenere ad una specie di gigante infilato fino al collo nel terreno umido del bosco. Aveva due enormi occhi a palla, un cespuglio di capelli che ricadevano fin sulla fronte e le orecchie che parevano padelle… Giocchino si avvicinò a bocca aperta, attento a non calpestare nulla che potesse far danni, e quando fu abbastanza vicino si schiarì la gola… tanto per far sapere a quel coso che era lì… “ehm ehm… scusi…”
Il coso spalancò gli occhioni, e Giocchino vide che erano del verde più verde che il bosco potesse avere, ma erano anche pieni di lacrime…
“Ehi, ma tu chi o cosa sei?” chiese Giocchino, che come sempre non perdeva tempo…
Il coso strabuzzò gli occhi, anche a lui non doveva esser capitato tanto spesso di veder un bimbo umano. “Come chi o cosa sono? Io sono un groll” rispose con una voce tonante ma stranamente un po’ incrinata, proprio come se stesse piangendo.
“Un groll? E cosa sarebbe?” disse uno stupitissimo Giocchino, che proprio quella parola non l’aveva mai sentita
“I groll sono… sono… ecco, come faccio a spiegartelo… i groll sono il bosco, le piante, l’erba, i fiori… siamo l’anima della terra, il cuore delle foreste, lo spirito che alimenta la vita verde…”
Giocchino sgranò gli occhi. Nonno Carlone, che pure sapeva tante cose e alcune anche parecchio strane, non gli aveva mai detto una cosa del genere. Ma davvero i boschi hanno un’anima? “Ma dai, mi stai prendendo in giro…” brontolò il bimbo.
“E tu pensi che io ne abbia voglia? Avrei così tanto da fare – sospirò il groll – che certo non ho tempo e voglia di prenderti in giro…” e tirò su con il nasone, una gran strombazzata che fece tremare l’erba attorno a lui e risuonare il bosco.
“Ma tu stai piangendo – disse Giocchino – si vede che sei triste… ma perché?”
Il groll sembrò pensarci un attimo, poi prese una decisione e rispose. “Non so se devo dirtelo, e non so nemmeno se faccio bene a parlare con te – disse con il suo vocione – non credo sia una gran bella cosa che gli umani sappiano di noi e della nostra esistenza… ma tant’è, non so come hai fatto, ma sei arrivato fino a qui, magari è così che le cose devono andare… vedi, si, sto piangendo. Qualche giorno fa è successa una cosa incredibile…”
E il groll raccontò: nella sua radura non veniva mai nessuno, nascosta com’era nel più fitto del bosco e protetta da una serie di magici incantesimi che la rendevano invisibile anche a quegli incauti che passavano lì vicino. Ma qualche giorno prima, una folata improvvisa di vento aveva spinto contro i grandi occhi del groll un grosso ramo strappato da un castagno ormai vecchio e secco. Il ramo, neanche a farlo apposta, aveva colpito l’occhio del groll, un colpo secco e violento che per un lungo istante l’aveva accecato. E il groll, dolorante e sorpreso, si era distratto. Un attimo solo, ma era bastato. Perché proprio in quel momento un cacciatore che stava cercando lepri lì nei dintorni aveva esploso un colpo di fucile. E quell’attimo di distrazione aveva abbassato la potenza degli incantesimi che proteggono il groll e la sua radura. Così, un proiettile aveva imboccato una direzione imprevista e senza che il groll potesse far nulla si era infilato in uno dei suoi enormi orecchi.
“E così – sospirò disperato il groll – adesso ho dentro di me una di quelle cose velenose che voi umani sapete fare così bene. L’orecchio mi brucia e mi fischia, e io non riesco più a star dietro a tutto il mio regno…”
Giocchino spalancò gli occhi. Vuoi vedere, pensò, che è questa la spiegazione? Un po’ titubante, ma deciso a cercare una soluzione, chiese al groll se poteva aiutarlo. Gli avrebbe permesso di dar un’occhiata all’orecchio ferito?
Il groll all’inizio non sembrava fidarsi tanto, ma poi pensò “che male mi può fare, così piccolo e deboluccio?” e acconsentì.
Giocchino allora, cautamente, si avvicinò all’enorme orecchio. Tirò fuori dallo zaino che aveva sempre con lui una torcia, ed un coltellino – che gli aveva regalato nonno Carlone e gli era stato utile in tante occasioni!
E aguzzando la vista lo vide, il proiettile c’era, proprio infilato in quell’enorme orecchio… allora, pensando a tutto quello che il nonno gli aveva insegnato su come fare a togliere gli ami dai pesci, o su come medicare le ferite, usò il coltellino con delicatezza, fino a quando non riuscì a spostare il proiettile. Poi, con due dita, tirò delicatamente e lo estrasse. E per finire l’opera, aprì lo zaino dove teneva bende e cerotti e medicò la ferita. Il groll, che aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, tirò un enorme sospiro, e poi sbottò “ehi! Ma non mi fa più male, ma come hai fatto?”
Giocchino ridendo glielo spiegò, e gli fece anche vedere quel pezzetto di piombo che tanti danni aveva causato. Il groll, finalmente felice, lo ringraziò, e gli fece una promessa: “questo bosco, tutto questo bosco, sarà sempre casa tua. Qua sarai sempre il benvenuto, e sarai sempre protetto e aiutato in ogni occasione! Chiedi, e otterrai!”
Giocchino ci pensò un po’ su, ma c’era solo una cosa che in quel momento voleva: tornare a vedere la sua radura verde e viva come era sempre stata.
“E così sarà!” disse il groll, che dopo un ultimo saluto tornò a chiudere gli occhi, di nuovo concentrato sullo spirito vitale del bosco. Giocchino allora riprese la strada di casa, e quasi gli sembrava che ogni albero, ogni cespuglio, ogni fiore ed ogni filo d’erba si inchinasse festoso al suo passaggio. E quando arrivò alla sua radura, incredibile ma tutto era tornato a posto! Giocchino, felice, si avviò verso casa, pensando che questa volta era lui, ad avere una storia fantastica da raccontare a nonno Carlone!

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